Ad un’estetica dei linguaggi visivi che Christian Carlini medita prima e contempla poi va aggiunta e considerata una tecnica accurata, meticolosa, che discerne materiali e utensili: i supporti sono tessiture di alta qualità e gli strati preparatori sono pigmenti scelti perché, sia per la stesura che per l’essiccazione, possano accogliere e rendere efficaci le cromie. I pigmenti cromatici derivano da impasti di alta qualità e di componente naturale, sia i medium che i leganti contenuti nelle paste cromatiche sono scelti accuratamente, e ogni quadro, ogni opera, risente di un’armonia che è frutto di un discernimento filosofico-estetico e tecnico. Persino i pennelli, talvolta veri e propri aghi di silicone, fanno in modo che l’idea dell’artista dall’Iperuranio entri nella materia e diventi brillantezza della materia. Parafrasando il Maestro filosofo dott. Gabriele La Porta, la bellezza dell’opera d’arte si rivela in quella radiosità che da ogni elemento dell’opera si effonde fino a coinvolgere l’osservatore. Christian Carlini rende quasi musicale ogni sua opera in quanto i vuoti e i pieni, gli elementi in primo piano come quelli sulle quinte e nello sfondo, vengono rappresentati e raffigurati con una precisione che supera l’Iperrealismo, e infatti l’estetica del linguaggio visivo di Christian Carlini e il suo talento tecnico, non sono mero virtuosismo, ma piuttosto la ricerca di una visione più profonda e insieme più alta: la visione dell’angelo.

Prof. Alberto D’Atanasio

Docente storia dell’arte, critico e curatore “Casa Modifgliani”

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